La Regina Viarum, tra tutte le strade antiche, rimane la più ricca di memorie e testimonianze. Definita dagli autori latini anche insignis, nobilis, celeberrima divenne infatti ben presto modello insuperato nella rete viaria che da Roma si dipartiva verso le più lontane regioni del mondo allora conosciuto. La via Appia fu infatti la prima arteria di un sistema stradale complesso e articolato, capace di rimanere alla base della rete stradale moderna e veicolo di grande comunicazione.
L’Appia è forse l’impresa più visionaria tra le grandi opere antiche che hanno dato forma al paesaggio storico italiano.
Progettata per collegare velocemente Roma con l’antica Capua (S. Maria Capua Vetere), nel pieno della seconda guerra sannitica, rivestì sin dall’inizio una importanza di alto significato politico. Doveva rispondere, infatti, al programma di espansione progressiva del potere di Roma nelle regioni meridionali e gettare le basi dell’impero.
Il graduale prolungamento dell’Appia segnò il crescente assoggettamento del territorio: dopo la deduzione della colonia a Venusia nel 291 a.C. la conquista di Taranto e quella del Sannio nel 272, e la fondazione, nel 268 a.C., della colonia latina di Beneventum, prese corpo il prolungamento della strada fino a Taranto con l’obiettivo di giungere poi, nel lungimirante disegno di espansione oltre il Mediterraneo, fino a Brundisium, testa di ponte verso l’Oriente, dove infatti venne dedotta una colonia tra il 246 e il 243 a.C.
Poiché rispondeva a un fine politico e militare, incise fortemente con il suo tracciato sul territorio. Fu, infatti, riferimento importante nella distribuzione delle terre ai veterani secondo i criteri preordinati della centuriazione.
Fu elemento regolatore e aggregatore di insediamenti urbani, dei quali spesso costituì un decumano.
L’Appia continuò a funzionare in tutto il suo percorso almeno fino al VI secolo d.C., come racconta Procopio di Cesarea, nella sua trattazione su La guerra gotica; durante il periodo medievale si perse la sua natura di arteria a lunga percorrenza e rimase frazionata in tante piccole realtà locali. Ebbe, però, una funzione fondamentale per il percorso dei pellegrini diretti in Terrasanta e, durante le Crociate, ancora una volta rivelò la sua importanza militare e il suo ruolo di intermediaria di importanti scambi culturali, come dimostrano gli influssi orientali riscontrabili nelle architetture religiose e urbane delle regioni meridionali.
Conobbe momenti di spoliazione e saccheggio e momenti di monumentalizzazione, specie in entrata o in uscita dalle città. Ad esempio una porta monumentale fu allestita all’ingresso della Capua attuale ai tempi di Federico II e nell‘Ottocento un aspetto grandioso le fu conferito nel primo tratto in uscita da Roma su iniziativa dello Stato pontificio.
Quando agli inizi dello stesso secolo, sotto il dominio francese, essendo cresciute le attività mercantili dei territori meridionali e quindi la necessità di accelerare i trasporti e gli scambi, si riorganizzò la rete stradale per esplicito decreto di Gioacchino Murat, l’Appia conobbe un nuovo periodo di grande fortuna, che ulteriormente si incrementò con la restaurazione borbonica.
Dopo l’Unità d’Italia, nel 1887, i Ministri Guido Baccelli e Ruggero Bonghi lanciarono, purtroppo senza esito, i primi progetti di recupero dell‘Appia Antica, puntando alla tutela dell’intero percorso da Roma a Brindisi.
La sua sopravvivenza venne realmente messa in pericolo solo nel secolo scorso, con lo sviluppo urbano del dopoguerra, l’abbandono delle campagne, l’industrializzazione dei territori e l’incremento della rete stradale, che spesso ne fece disperdere la percezione tra lo squallore e il disordine delle periferie.
Nel 1955, in piena espansione edilizia, Umberto Zanotti Bianco, come Senatore della Repubblica e come Presidente della Commissione per la tutela territoriale e paesistica della via Appia, sostenne la necessità di salvaguardare, sia pure limitatamente al primo tratto, tra Roma e Marino, “le esigenze archeologiche e paesistiche” della fascia attraversata dalla strada antica “oltre quelle urbanistiche” se non in contrasto con le prime.
Tutte le vicende più recenti legate alla via Appia si riferiscono a episodi di tutela archeologica e paesaggistica del tratto romano, non sempre conclusi con buon esito; ai continui tentativi di cementificazione si oppose un gruppo di architetti, di urbanisti, di giornalisti, di intellettuali idealmente guidati dall’infaticabile opera di denuncia di Antonio Cederna e dell’associazione Italia Nostra e nel 1984 fu redatto “Un piano per il Parco dell’Appia Antica”, relativo all’ambito compreso tra Porta San Sebastiano e le Frattocchie.
Soltanto nel 1988 la Regione Lazio ha approvato l’istituzione del Parco Regionale dell’Appia Antica. Nel 1993 lo stesso Cederna venne nominato Presidente dell’Azienda Consortile per il Parco dell’Appia Antica.
I due Disegni di Legge presentati tra il 2003 ed il 2004 (XIV Legislatura), rispettivamente n. 2571 d’iniziativa del senatore Bordon ed altri, e n. 2628 d’iniziativa del senatore Specchia ed altri, entrambi recanti “Norme per la valorizzazione e il recupero dell’Appia antica nell’intero percorso da Roma a Brindisi”, sono rimasti senza esito.
Nel 2010 la Società Magna Grecia, riassumendo l’impegno del suo Fondatore, Umberto Zanotti Bianco, ha voluto predisporre uno studio per la realizzazione di un progetto di politica ambientale sulla via Appia antica e sulle sue varianti, prima fra tutte l’Appia Traiana, e sull’assetto moderno di queste grandi arterie antiche, con particolare riguardo alla conservazione, alla valorizzazione e alla riqualificazione non soltanto del tracciato e dei siti che vi gravitano ma anche del paesaggio e dell’ambiente da esse attraversato. Con il progetto Appia Regina Viarum si prefigurano metodologie di intervento che, anche e soprattutto attraverso la pianificazione paesaggistica e urbanistica esistente o in fase di redazione, assicurino una chiara lettura del percorso antico e della persistenza nella rete stradale moderna dell’Appia e della Traiana e ne esaltino la funzione di elementi regolatori dei territori e delle aree urbane che ne sono attraversate.
A tal fine, con un accurato e capillare lavoro di ricognizione bibliografica e di archivio si è costituita una banca dati relativa al tratto compreso tra il Garigliano e Brindisi e connessa con una base cartografica elementare per il posizionamento dei siti dotati di una scheda sintetica di facile consultazione.
Il Progetto
Sulla base delle suggestioni generate dal viaggio di Paolo Rumiz e dei suoi compagni e tenuto conto dell’importante corredo documentale messo a punto in quell’occasione, ha preso il via il progetto di valorizzazione dell’antica via Appia del Mibact, che aveva già avviato con il Servizio I le procedure per l’iscrizione della storica strada nella Lista del Patrimonio dell’Umanità posta sotto la tutela dell’UNESCO.
Il progetto coniuga volontà di tutela e valorizzazione dell’antica strada romana, che ha svolto un ruolo fondamentale nell’antichità, mantenendo per lungo tempo la sua funzione di elemento di raccordo tra territori e culture, e di promozione di nuovi modelli di fruizione turistica attraverso la realizzazione di percorsi, itinerari e circuiti che favoriscono il turismo lento e possono valorizzare la varietà e la complessità dell’offerta nazionale.
Il progetto è articolato in due fasi che, fatta salva l’opportuna propedeuticità delle prime azioni di impostazione generale, non si sviluppano necessariamente in sequenza ma seguiranno piuttosto il diverso grado di maturazione delle attività nei diversi ambiti territoriali interessati.
La prima fase ha avuto come obiettivo la puntuale individuazione del tracciato e di tutte le evidenze note che vi ricadono; si è ora pronti a progettare tutte le opere utili a consegnare il Cammino dell’antica via Appia alla piena fruizione turistica. Sarà dunque necessario assicurare una chiara lettura del percorso antico e della persistenza nella rete stradale dell’Appia moderna.
A tale scopo è stato possibile utilizzare l’HUB Geo Culturale, il sistema a riferimento geografico già in uso al Ministero, sul quale è stato riportato il percorso seguito da Paolo Rumiz e dai suoi compagni, integrato con il patrimonio conoscitivo avente ad oggetto l’antica strada romana disponibile presso le strutture del MiBACT e in generale prodotto dalla comunità scientifica. In esso è confluito il Data Base redatto dalla Società Magna Grecia, trovandovi l’applicazione ideale.
Sul portale è stato posizionato il tracciato del Cammino che si intende promuovere, individuando le evidenze archeologiche, storico-architettoniche, gli ambiti naturalistici che insistono lungo il percorso, i tratti già percorribili e le necessarie varianti rispetto al tracciato antico che andranno proposte.
Dovranno inoltre essere individuati tratti “alternativi” al tracciato originale, in particolare laddove l’Appia risulti interessata da intensi flussi di traffico veicolare o dove i particolari caratteri orografici dell’area consentono la possibilità di uno “sguardo” dall’alto, avvalendosi anche di nuove tecnologie quali i droni per riprese video/fotografiche dell’intero percorso e di percorsi alternativi non accessibili.
L’HUB Geo-Culturale costituisce dunque lo strumento di base e l’elemento qualificante e dinamico del progetto a disposizione di tutti i partners chiamati a condividerne la realizzazione. La dimensione e la complessità dell’iniziativa, infatti, fa sì che si configuri come un lavoro collettivo, sul quale convergono i diversi livelli istituzionali, il Mibact con i suoi Organi centrali e periferici, gli Enti locali, Regioni e Comuni, e altre Istituzioni competenti.
Il Tavolo tecnico appositamente istituito costituisce, dunque, la cifra che contraddistingue il progetto, poiché offre l’opportunità ai componenti, Istituzioni ed esperti, di condividere criteri e metodologie di intervento, secondo protocolli concordati sulle modalità di attuazione delle diverse operazioni dalla manutenzione al restauro, dalla valorizzazione alla promozione e alla divulgazione, dalla tutela alla coerenza con la pianificazione paesistica e urbanistica in vigore o in progettazione.
L’HUB Geo-culturale, già operativo e costantemente aggiornato, consente di mettere a fuoco le emergenze e le priorità e permette di programmare gli interventi nel tempo e di pianificare la gestione dei diversi comparti.
Costituirà inoltre la base interattiva per la documentazione necessaria per la iscrizione nella Lista Unesco sia per la produzione di carte tematiche sia per la definizione della buffer zone e sia infine per la redazione del piano di gestione.
Con la disponibilità di un DataBase interconnesso con la cartografia georeferenziata diventa concreta la possibilità di mettere a punto un vasto programma di interventi volti da una parte a individuare un cammino coincidente o prossimo al tracciato dell’Appia antica e dall’altra a predisporre, secondo criteri condivisi, le strategie per la tutela, il recupero, il restauro e la valorizzazione non solo del cammino ma anche del paesaggio urbano e extraurbano che lo accompagna e ne conserva l’impronta.
La grande opportunità di un tavolo comune di lavoro, dove tutti coloro che si sono impegnati nella salvaguardia dell’Appia possano mettere in campo la propria competenza ed esperienza da quella del cammino e della sensibilizzazione a quella della ricerca, della tutela, della conservazione e del restauro a quella della riqualificazione e riorganizzazione del territorio che accompagna l’antica strada consentirà di mettere a punto un programma di interventi ambizioso ma certamente realizzabile che, pur salvaguardando le specificità dei luoghi, siano volti alla valorizzazione dell’Appia come cammino e come rilevante testimonianza archeologica.
L’obiettivo ambizioso è che l’Appia ritorni a svolgere un’azione rigeneratrice del paesaggio.
Luigi Scaroina
Funzionario archeologo Servizio II – MiBACT
Programmazione strategica nazionale e comunitaria