In cammino per uscire dalla pandemia


 

Ci troviamo ad affrontare una crisi senza precedenti, non solo per dimensione ma anche per modalità e intensità nel vissuto delle persone e dei luoghi: siamo entrati bruscamente nell’era delle pandemie, che ha creato un improvviso vuoto nelle vite di ciascuno.

Covid-19 ha interrotto un periodo di pace e prosperità senza precedenti che durava dalla fine della seconda guerra mondiale, imponendo misure di contrasto che hanno prodotto isolamento sociale e limitazioni delle libertà personali, tra ansie e incertezze.

Come avvenuto molte altre volte nella storia, probabilmente ci dovremo abituare a convivere con l’impossibilità di prevedere il futuro, anche di breve periodo.: gli studi dimostrano l’esistenza di una relazione stretta tra sovrappopolamento, livelli di inquinamento e diffusione delle pandemie, pertanto risulta evidente che non siamo dentro una nuvola passeggera e che dovremo abituarci a ragionare nei termini di un “prima” e di un “dopo”, imparando a fare i conti con una nuova normalità. Blocco dei vettori di trasporto e dei confini, distanziamento, sanificazione, disinfezione, barriere, mascherine e altre precauzioni sono fattori che hanno improvvisamente modificato il nostro modo di vivere, di lavorare, di socializzare, di viaggiare e di scegliere i luoghi da frequentare. Alla paura del virus e del contagio si somma l’ansia del cambiamento, dell’incertezza e del vuoto creato attorno.

Uno scenario nel quale miliardi di persone dovranno prendere miliardi di piccole e grandi decisioni su come condurre la propria esistenza quotidiana, trovando un equilibrio nel mix di situazioni al confine tra accettazione del rischio, serenità mentale e necessità di un reddito. La scelta tra la salute e il sostentamento non è solo un tema politico ed economico, è anche un problema filosofico con conseguenze che si faranno sentire per anni e che, probabilmente, finirà per segnare intere generazioni.

Eppure dovremo vincere le paure e tornare ad uscire di casa. Magari lentamente. Magari a piedi. Magari sulle tracce di viaggiatori, viandanti, mercanti e pellegrini che con i loro passi hanno scritto la storia. E no, non soltanto la Storia con la “S” maiuscola dei papi, dei regnanti, delle corti imperiali o dei grandi generali, ma anche le infinite piccole storie con la “s” minuscola, narrate negli ospitali e nelle locande, nelle piazze di paese e nei rifugi di montagna, dove generazioni di italiani – e genti di ogni dove – hanno sostato anche soltanto per un frammento della loro vita, lasciando un segno indelebile. Storie quotidiane, feriali, minori ma solo apparentemente insignificanti: sono quelle che tramandano uno stile di viaggio all’insegna del rispetto di sé e degli altri, dei luoghi e della natura, dei silenzi e delle eco lontane di pascoli e greggi, come nel caso della transumanza.

Non appaia retorico: esiste un modo di viaggiare, ancora oggi, che si nutre di responsabilità, di educazione e di correttezza. È il cammino, inteso come l’arte dello stupore che attende chiunque decida di uscire di casa lasciando le proprie certezze per immergersi nell’inusitato. In fondo, a ben pensarci, appena nati impariamo prima a camminare che a parlare, per scoprire il mondo con le mani e con i piedi. Non può dunque sorprendere se anche la teoria evolutiva registra le fatiche dell’uomo che per quattro milioni di anni si è concentrato sui piedi, prima di dedicarsi per un milione di anni all’evoluzione del cervello.

Il cammino è una nuova relazione tra spazio e tempo. È andare alla velocità del vagabondo, che segue l’estro del momento e non teme le distanze, le differenze, le barriere, gli ostacoli, esercitando se stesso ad una buona dose di sacrificio e di adattamento, per poi guadagnare la meta. Se partire è mettere un piede dinanzi all’altro, provando ad ogni metro il nostro equilibrio, il viaggio è nutrimento dell’anima: la lentezza consente di assimilare il piacere di un paesaggio che si apre, dell’ombra di un albero, del cinguettio di un uccello, del profumo dell’erba appena tagliata. E dunque l’arrivo è un premio. Una conquista bramata e sudata, che ci ha posto nella condizione di vagare, di scoprire, di esplorare, di smuovere tutti i sensi e le emozioni. In fondo, le cose migliori e più belle di questo mondo non possono essere viste dall’aereo o dal veloce finestrino di un’auto, ma devono essere sentite con i sensi e con il cuore.

Dopo la dichiarazione di pandemia è ancora più vero: camminare e pedalare significa anche ritrovarsi, superare le ansie, rimettere in moto le energie, attivare pensieri positivi e stimolare la forma fisica. Non è un caso se camminare, anche per andare al lavoro e per gli altri spostamenti cittadini, è la soluzione raccomandata nel vademecum diffuso dall’Organizzazione mondiale della Sanità durante l’emergenza coronavirus. Insieme all’uso della bicicletta, il cammino garantisce anche il distanziamento sociale necessario a contrastare la diffusione degli agenti virali, tanto che il Governo – con il Decreto Rilancio – ha inteso introdurre due misure che potrebbero fare la differenza nel modo in cui ci spostiamo nelle città:

  • ha esteso l’obbligatorietà di redigere il PSCL (piano degli spostamenti casa-lavoro) ad una platea di enti ed imprese molto più numerosa di quanto non fosse previsto dalla normativa vigente, per agire localmente e puntualmente sulle dinamiche di flusso dei pendolari e del traffico nelle nostre città;
  • ha promosso un “bonus mobilità” per l’acquisto di biciclette e bici elettriche, nonché tutta la straordinaria varietà di mezzi (segway, hoverboard, monowheel e monopattini) che rientrano nella categoria “micromobilità” ma che – di fatto – potremmo definire strumenti per ridisegnare le nostre traiettorie di ecomobilità individuale.

Per andare oltre le città, mutuando il decalogo del CAI (Club Alpino Italiano) per la ripresa delle attività nei rifugi di montagna, è anche possibile adattare il comportamento di ciascuno di noi alle attività di trekking, di camminata sportiva, di escursione, di cammino o di semplice passeggiata in un viaggio, garantendo il rispetto delle regole e un adeguato livello di sicurezza. Attraverso piccoli gesti: ad esempio prenotare il pernottamento, ora obbligatorio; attrezzarsi per picnic e pasti veloci all’esterno delle strutture; lasciare lo zaino e le attrezzature tecniche nei punti predisposti dai gestori; portare con sé anche asciugamani personali, lavarsi molto spesso le mani; utilizzare mascherine, guanti e igienizzanti a base alcolica quando non è possibile rispettare le distanze di sicurezza e – qualora si tratti di materiali monouso – non abbandonarli nell’ambiente.

Ed è forse questo l’ultima suggestione per cui il cammino si presta a consentirci di uscire – sebbene lentamente – da questa difficile fase pandemica: la mobilità dolce è l’unica a “impatto zero” sull’ambiente, sul paesaggio e sul clima. È un modo di viaggiare che consente di entrare in sintonia con i luoghi, con le identità locali, con le persone e le con le comunità: una “prossimità” che non è vissuta come uno slogan o un vincolo geografico ma come un incontro tra la comunità dei residenti e la comunità dei viaggiatori.

Una sfida nella sfida, perché animare i territori ampi e plurali di questo nostro amato Bel Paese significa andare oltre i luoghi celebrati per attraversare le località che oggi ancora definiamo “minori”, nelle aree interne rese sempre più fragili dallo spopolamento, dall’abbandono, dalla marginalità e dal dissesto idrogeologico. Significa ritessere una trama di connessioni in un tessuto lacerato, andando a promuovere una “microeconomia del cammino” che può diventare linfa vitale per tante piccole realtà imprenditoriali e per offrire nuova occupazione qualificata ai più giovani, altrimenti costretti a nuove migrazioni.

Superando le fasi più critiche della pandemia da Covid-19 e uscendo di casa, le parole di Claudette Dudley assomigliano ad una profezia: “Camminare ti schiarisce la mente, arricchisce l’anima, toglie lo stress e ti apre gli occhi su un mondo completamente nuovo“.


Federico Massimo Ceschin

Segretario generale di Cammini d’Europa (www.camminideuropa.eu)

Presidente nazionale di SIMTUR – Società Italiana Professionisti Mobilità Dolce Turismo Sostenibile (www.simtur.it)