La Regina Viarum


 

Sin dall’epoca arcaica esisteva un percorso che dal guado sul Tevere nei pressi dell’Isola Tiberina si inseriva nella Valle Murcia –dove sorgerà il Circo Massimo- e, seguendo la dorsale collinare di origine vulcanica della colata lavica di Capo di Bove fino ai piedi dei Colli Albani, raggiungeva i più antichi centri del Latium Vetus.

Su questa stessa direttrice fu realizzata la Via Appia, la prima via militare costruita ex novo dai Romani e la prima via censoria. Fu realizzata nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Centemmano, detto il Cieco, nel periodo della seconda guerra sannitica e della conquista romana della Campania. La nuova strada, per la prima volta, non prese il nome del luogo verso cui era diretta o della funzione che svolgeva ma assunse il nome personale di colui che l’aveva fatta costruire e non quello della gens Claudia cui Appio apparteneva, come avvenne poi per le altre strade consolari.

Appio Claudio, rappresentante della nobiltà romana, fu un personaggio di spicco nella vita politica del tempo, rivestendo più volte le più alte cariche del potere. Fu censore, console e dittatore durante le Guerre Sannitiche. Tre secoli dopo la sua morte la sua statua fu collocata nel Foro di Augusto tra quelle degli “spiriti magni” della patria con alla base inciso un elogium ma negli stessi anni lo storico Diodoro Siculo ricordava, non senza un accenno critico sui costi dell’opera, come la costruzione della via Appia richiese l’impiego di cifre enormi che rappresentarono un salasso per le casse dello stato.

L’Appia fu concepita con lo scopo di collegare nel modo più diretto possibile le estremità del percorso e la sua costruzione fu prolungata nel tempo parallelamente all’espandersi del dominio romano. È soprattutto per questa funzione strategica che il tracciato fu realizzato in gran parte per segmenti a rettifilo, in modo tale di ridurre al minimo la lunghezza del percorso.

Il percorso complessivo ha una lunghezza riportata dalle fonti storiche di 360 miglia. Il primo miglio che dalla porta Capena portava al tempio di Marte nel 296 a.C. fu lastricato saxo quadrato e nel 292 il tratto di undici miglia fino a Bovillae fu pavimentato con blocchi poligonali di selce. La funzione più propriamente di collegamento e di supporto al viaggiatore da parte del tracciato si perfezionò in epoca imperiale. Il percorso viene dotato di continue attrezzature, le stazioni di posta –mutationes– ogni dieci miglia e le mansiones o stationes alla distanza di un giorno di viaggio.

La via Appia, per il suo prestigio, per il rispetto, si può dire quasi per la venerazione che di per sé provocava, è sempre stata oggetto di particolare attenzione, sin dall’età antica. È questa sicuramente la ragione principale per cui malgrado tutte le distruzioni e le devastazioni che si susseguirono nei secoli e che sono continuate fino ai nostri giorni, fu possibile la sopravvivenza di un numero ancora così alto di testimonianze distribuite lungo il suo tracciato. Gli stessi elementi architettonici che decoravano la via avevano assunto nei secoli un alto valore simbolico.

Quasi due millenni separano la decisione probabilmente dovuta ad Augusto di ricomporre i tumuli degli Orazi e Curiazi e quella dovuta ai papi, nella prima metà dell’Ottocento, con cui si volle realizzare il grande museo a cielo aperto della Via Appia, ad opera di Luigi Canina, che includeva i numerosi monumenti sui due lati della strada nel tratto compreso tra Roma e Bovillae. Ancora nel 1833, la proposta di Carlo Fea per il restauro dell’Appia da Roma a Brindisi è la dimostrazione di come l’Appia fosse vista all’epoca come una strada viva.

Un filo rosso congiunge le due epoche: la preoccupazione che il tempo possa cancellare la memoria della classicità. Il Parco Archeologico dell’Appia Antica ha raccolto questa importante eredità. È un grande onore e una grande sfida per me dirigere un’istituzione giovane a tutela di un patrimonio antichissimo e di un paesaggio unico al mondo ma è soprattutto un impegnativo compito raccogliere l’eredità di chi si è battuto negli anni per la salvaguardia della Via Appia. Il pensiero va ovviamente ad Antonio Cederna, Italo Insolera e Vittoria Calzolari, pionieri e paladini della tutela del grande museo a cielo aperto della Regina Viarum.

 

di Simone Quilici (Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica)